da fafla » 13 giu 2013, 0:40
Scusate ma ripropongo quanto detto a suo tempo (correggendo gli errori di allora di battittura sia per l'ora sia per la vista non ottimale) sul tema "Il primo amore", aggiungendo altre considerazioni:
"Messaggio da fafla » 30/09/2010, 20:46
I miei primi contatti con i "trenini" rivarossi mi permettono di ricordare due persone a me molto care: mio padre, ingegnere industriale, che ha trascorso la sua intera vita lavorativa nell'Ufficio Approvvigionamenti delle F.S. (con un'onestà, allora diffusa, che non ritrovo più) e mio zio, poi ingegnere elettrotecnico, molto più giovane di mio padre e, purtroppo, morto prima. I due si ritrovavano in cantina,nei sabati invernali, e spesso discutevano su come risolvere i problemi per la costruzione dei tracciati e la movimentazione dei treni mostrando, incredibile ma vero, una diversa sensibilità ingegneristica. Il plastico era in realtà un insieme di binari con un pauroso groviglio di fili sotto un grande tavolato. Il tutto era comandato da una scatola di legno (ex contenitore di vini) dalla quale si potevano comandare i binari delle due stazioni, le linee di corsa ed il parco materiale. Vi era anche uno schema che ripeteva il tracciato con luci che si accendevano dove erano presenti i locomotori. Per la fine degli anni sessanta, essendo tutto automatico e controllabile, era abbastanza complesso (4 binari di stazione principale, 2 di quella secondaria, 8 quelli del parco materiale e 5 linee indipendenti di cui una sopraelevata con piloni tutti autocostruiti) e, siccome, la passione era far muovere i treni (non come ora con un collezionismo sfrenato e spesso maniacale), alcuni locomotori erano stati "violentati" con l'inserimento di interruttori, a vista o sotto l'imperiale, per consentire su tratti ad unico binario il passaggio di treni in direzioni opposte e per consentire manovre più semplicemente. Se per caso qualcuno abbia avuto modo di averli, (essendo stati i locomotori, circa 8, rubati all'inizio degli anni settanta) li tratti con cura anche se esteticamente non perfetti. Io stesso, responsabile dello smantellamento del plastico, riabitato a fatica di nuovi treni nel tempo, ho quasi paura a toccare la scatola di comando, ancora piena di fili, che giace in un angolo della cantina. Spero un giorno di potermi trovare con qualcuno a discutere per poter ricostruire il plastico limitandomi, per ora, a conservare quei treni accompagnati da nuovi arrivi nel giorno del mio compleanno."
Per maggiore precisione, un primo piccolo plastico era stato incominciato da mio padre alla metà degli anni 50 (penso fosse l'unica "passione" di mio padre uscito dalla prigionia della II guerra mondiale - preso dai tedeschi a Bolzano l'8/9/1943 e liberato dai canadesi a Wietzendorf il 22/4/1945 - o, meglio, dai campi d'internamento, così chiamati per gli Ufficiali italiani che si rifiutarono di collaborare con i tedeschi, molto provato fisicamente - arrivò a pesare 38 kg per 1,75 m di altezza- ma, nonostante tutto, con una serenità d'animo che ho sempre ammirato ed anche invidiato). Fu, poi, smontato e ricostruito lentamente negli anni sessanta dopo la nascita dei figli. Io, allora, potevo solo assistere alle varie fasi di montaggio e, quando, fui un pò più grandicello comandare i treni dalla "scatola di comando" o rimetterli sui binari se deragliavano. Mi è rimasto impresso l'odore che veniva sprigionato dai motori elettrici e che mi piace ancor risentire quando faccio "sgranchire" i vecchi modelli rivarossi che ancora possiedo. Di quel plastico, si sono salvati dal furto, forse di agosto del 71, i binari, gli scambi e la stazione di Pergine che ancora costudisco con molta nostalgia. Purtroppo furono rubate, tra i pezzi rivarossi che mi ricordo, l'E424, l'E646, l'Aln668, il Calimero, la 740 da scatola di montaggio, ma non funzionante. Nei successivi anni 70 il plastico fu "riabitato" sia con modelli Rivarossi che Lima prima della mia infausta azione di smontaggio. Di allora, conservo ancora, tra i pezzi Rivarossi, una Gr270 modificata nel tetto (forse salvatasi dal furto), l'E 428 241,l'E 656 001, l'E 444 027, il 232 001-8 tedesco ed il 1113 olandese. Anche questi locomotori furono quasi tutti "violentati" con l'installazione di un interruttore sull'imperiale, a vista o nascosto o, nel caso del locomotore tedesco, con uno strano spaghetto a baffo, uscente da un minuscolo foro posto nelle due fiancate, che comanda l'interruttore all'interno. Sono per me i "pezzi" più preziosi della mia, purtroppo per ora, quasi immobile raccolta di modelli ferroviari non solo Rivarossi. In merito alla qualità Rivarossi sul finire degli anni 60, mi ricordo che a detta dei miei parenti vi erano alcuni talloni d'achille tra cui il funzionamento dei relè e le bobine degli scambi (non protetti in caso di alimentazione continua dovuta od al non corretto funzionamento dei relè stessi o perchè un locomotore si era fermato proprio su un "piedino" di comando elettrico), nonchè la mancanza di un vero scambio inglese. Ciò spinse successivamente all'acquisto di prodotti Fleischmann soprattutto per gli scambi che già avevano le bobine con il sistema di protezione. Devo dire che questi scambi Fleischmann ancora oggi sono perfettamente funzionanti mentre gli scambi Rivarossi sono più soggetti a problemi. Purtroppo, per me, il mio primo trenino (come mio acquisto) è molto più avanti nel tempo e risale alla mia prima vacanza all'estero (anni 80) quando comprai delle "orrende" carrozze austriache eurofima della Klein in scala cortissima, ma avevo pochissimi soldi. Tornai a casa, comunque, contento di poter dare il mio piccolo contributo per aumentare il parco. Ora le guardo molto male in quanto mi sembra il peggiore materiale che io possegga.
Il mio vero cruccio è che, di quei splendidi sabati pomeriggi invernali, non ho né foto né filmini con i treni in movimento e con gli autori del plastico chini sul tavolato a lavorare. Ricordo, però, molto bene le facce di mio padre e mio zio che mi guardavano come due bimbi felici quando mia madre, "indispettita" per un'assenza da casa ormai per lei troppo lunga, "invocava" dal balcone sovrastante la cantina il ritorno a casa di entrambi: era come richiamarci da un altro mondo.
Purtroppo non sono riuscito a trasmettere ai miei figli analoghe sensanzioni o, meglio, analoghe passioni, almeno per ora.
Un particolare saluto a tutti quelli che hanno un plastico, anche piccolo, fanno muovere i "treni" e "giocano" tranquillamente, magari con i figli, non preoccupandosi troppo di eventuali incidenti.
Paolo